IL PATTO DI FAMIGLIA PER TUTELARE IL PATRIMONIO

Il patto di famiglia offre all’imprenditore la possibilità di gestire il passaggio generazionale della propria impresa, trasferendo ad uno o più discendenti l’azienda o le quote di partecipazione al capitale della “società di famiglia”, senza che vi possano essere contestazioni in sede di eredità (qui gli altri strumenti possibili).

In base alla definizione fornita dall’art. 768 bis cc, permette al proprietario di un’attività economica (per lo più, a carattere imprenditoriale) di trasferire, in tutto o in parte, ad uno o più discendenti, l’azienda o le quote societarie di cui è titolare.

La finalità dell’istituto è quella di consentire all’imprenditore, ancora in vita, di dare una destinazione stabile alla sua impresa, per il periodo successivo alla sua morte, permettendo, così, di prevenire eventuali dispute successorie, di dare stabilità agli atti volti a pianificare la successione e di favorire la conservazione e l’integrità dell’azienda nei passaggi generazionali.

Dunque il patto di famiglia comporta il trasferimento a titolo gratuito dell’azienda/società a favore di un discendente; l’attribuzione da parte del beneficiario-discendente a favore degli altri legittimari quale liquidazione dei loro diritti successori (con eventuale rinuncia alla liquidazione da parte di questi alla liquidazione di tali diritti).

Punto “dolente” dell’Istituto è rappresentato dalla tassazione: la Cassazione, infatti, con sentenza n. 32823 del 2019, è intervenuta sul regime fiscale del patto di famiglia, concludendo che il trasferimento della azienda/società è tassato con le aliquote/franchigie tra i due soggetti (nella specie 6% in quanto fratelli).

Si tratta di un contratto per il quale è necessaria la forma dell’atto pubblico, a pena di nullità. (art. 768-ter cc).
Ai fini della sua validità, devono prendere necessariamente parte alla stipulazione, oltre all’imprenditore che dispone della propria azienda o delle proprie partecipazioni sociali e ai discendenti assegnatari, anche coloro che sarebbero considerati legittimari se si aprisse in quel momento la successione dell’imprenditore.
La mancata partecipazione al contratto di uno di questi soggetti, lo rende nullo.
L’art. 768 quinques cc prevede la possibilità per i partecipanti di impugnare il patto, entro un anno dalla sua stipulazione, in caso di vizio del consenso per dolo, errore o violenza (artt. 1427 cc e seguenti).

L’art. 768 quater cc, impone all’assegnatario o agli assegnatari dell’azienda o delle partecipazioni societarie di liquidare gli altri partecipanti al contratto, ove questi non vi rinuncino in tutto o in parte, con il pagamento di una somma corrispondente al valore della quota (ideale) di legittima che ad essi spetterebbe alla data di stipula del patto.

I beni assegnati agli altri partecipanti non assegnatari dell’azienda, secondo il valore attribuito in contratto, sono imputati alle quote di legittima loro spettanti e devono essere considerati quali anticipazioni della legittima con riferimento alla successione dell’alienante.

Sia quanto ricevuto dagli assegnatari, sia quanto ricevuto dai non assegnatari è, inoltre, sottratto a riduzione e collazione.

L’assegnazione può essere disposta anche con successivo contratto che sia espressamente dichiarato collegato al primo e purché vi intervengano i medesimi soggetti che hanno partecipato al primo contratto o coloro che li abbiano sostituiti.

Il patto di famiglia è soggetto all’applicazione della disciplina di cui all’art. 2556 cc, ultimo comma, che impone il deposito dell’atto nel termine di termine di trenta giorni dalla stipula e a cura del notaio rogante ai fini dell’iscrizione nel registro delle imprese.

Nel caso in cui, inoltre, tra i beni facenti parte del complesso aziendale trasferito vi siano beni immobili, o, diritti reali immobiliari, si applicherà la generale disciplina relativa alla trascrizione nei pubblici registri immobiliari (artt. 2556 e 2643), ai fini della opponibilità del trasferimento ai terzi.
 In caso, infine, di cessione di partecipazioni sociali, si applica la disciplina prevista per il tipo sociale che viene in rilievo nel caso concreto: in base ai diversi tipi societari, dovranno applicarsi i relativi regimi pubblicitari.

L’art. 768 septies cc prevede due ipotesi in cui si può procedere allo scioglimento del patto di famiglia: il mutuo dissenso di tutti coloro che l’hanno sottoscritto e il recesso convenzionale da parte di taluno dei contraenti.

Nel primo caso, Il mutuo dissenso può avere efficacia risolutiva solo se espresso con un diverso e successivo contratto, a cui devono partecipare i medesimi soggetti che abbiano sottoscritto il patto da sciogliere e che deve rivestire anch’esso la forma dell’atto pubblico.

Nel secondo caso, il recesso unilaterale è possibile ma solo ove tale facoltà sia stata espressamente prevista nel contratto e solo ove la dichiarazione di recesso sia portata a conoscenza degli altri contraenti e certificata da un notaio.

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