Quante volte veniamo assaliti dalla curiosità di spiare le chat del nostro partner per leggere le sue chat Whatsapp o di quelle Facebook?
Ciò avviene, maggiormente, quando si nutrono forti sospetti sul suo amore poiché è proprio in queste conversazioni che, spesso, si trovano le prove della infedeltà.
La questione si pone anche perché, oggigiorno, gli screenshot di chat, emails, SMS sempre di più vengono utilizzati durante i procedimenti sia civili che penali quali fonte di prova.
Ma spiare di nascosto il cellulare del partner, magari usando le password dei social che lo stesso ci aveva in precedenza fornito per altri motivi, e acquisire screenshot di eventuali conversazioni “incriminate” è legale?
Esaminiamo insieme la questione.
Bisogna necessariamente premettere che la nostra Costituzione stabilisce, all’articolo 15, l’inviolabilità della libertà e della segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione.
Queste ultime possono essere limitate soltanto con un atto motivato dell’autorità giudiziaria e con le garanzie stabilite dalla legge.
Naturalmente, con l’evoluzione tecnologica e dei modi di comunicare, anche il concetto di corrispondenza e di forma di comunicazione si è evoluto.
Pertanto, al suo interno, vengono oggi pacificamente ricomprese tutti nuovi modi di comunicare quali SMS, email, chat sui social network.
Ed è proprio per questo carattere di inviolabilità delle comunicazioni, costituzionalmente sancito, che bisogna prestare molta attenzione a compiere azioni come leggere di nascosto le chat del nostro partner poiché queste potrebbe portare a delle conseguenze molto spiacevoli.
Di fatti, leggere il contenuto di chat che ha intrattenuto il partner sui social network, per mail o via SMS costituisce un reato.
La norma che viene in rilievo, in questi casi, è quella contemplata dall’art. 616 del c.p. il quale prevede la reclusione fino ad un anno e la multa da 30 euro a 516 euro per chiunque prenda cognizione del contenuto di una corrispondenza chiusa, a lui non diretta, ovvero sottragga o distragga, al fine di prenderne o di farne da altri prendere cognizione, una corrispondenza chiusa o aperta, a lui non diretta, ovvero, in tutto o in parte, la distrugga o sopprima.
In tal senso, si è espressa anche la Corte di Cassazione la quale ha affermato che: “Integra il reato di violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza (art. 616 cod. pen.) la condotta di colui che prende cognizione del contenuto della corrispondenza telematica intercorsa tra la ex convivente e un terzo soggetto, conservata nell’archivio di posta elettronica della prima.” (Cassazione penale sez. V, 02/02/2017, n.12603)
La situazione descritta viene, ulteriormente, a complicarsi quando si utilizzino password per introdursi all’interno dei suoi profili social.
In questo caso, il soggetto commetterà anche il diverso delitto di “accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico “di cui all’art. 615 ter del c.p.
Quanto detto è stato, ulteriormente, ribadito, con una sentenza recente, dalla Corte di Cassazione la quale ha affermato che: “Nel caso di accesso ad una casella di posta elettronica protetta da password, è configurabile il delitto di accesso abusivo ad un sistema informatico che concorre con quello di violazione della corrispondenza, in relazione all’acquisizione del contenuto delle mail custodite nell’archivio.” (Cass. n. 18284/2019).
Il delitto previsto dall’art. 615 ter c.p. punisce con la reclusione fino a tre anni chiunque si introduca in un sistema telematico o informatico protetto da misure di sicurezza ovvero vi si mantiene contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo.
La norma in esame tutela il cosiddetto “domicilio informatico” della persona, inteso come spazio virtuale, privato e inviolabile, costituzionalmente tutelato dall’art. 14 della Carta fondamentale.
In questa tutela vengono ricompresi tutti i dati contenuti nei sistemi informatici, attinenti alla sfera personale, di pensiero o relativa alla attività, lavorativa o non, dell’utente (in tal senso, Cassazione n.3067/1999) e, quindi, vi rientrano anche le chat.
Peraltro, l’accesso a sistemi informatici del partner attraverso l’uso di password che si conoscevano in quanto fornite in precedenza dal partner stesso, non vale ad escludere la possibilità di realizzare il delitto in questione.
Anche qui, deve segnalarsi una sentenza recente della Cassazione la quale ha stabilito che: “In tema di reati contro la libertà individuale, integra il delitto previsto dall’art. 615-ter c.p. colui che si mantenga in un sistema informatico o telematico protetto violando le condizioni ed i limiti risultanti dal complesso delle prescrizioni impartite dal titolare del sistema per delimitarne oggettivamente l’accesso, rimanendo irrilevanti, ai fini della sussistenza del reato, gli scopi e le finalità che abbiano soggettivamente motivato l’ingresso nel sistema, dovendosi in particolare precisare che la condotta di illecito mantenimento può perfezionarsi anche in presenza di una casuale iniziale introduzione nel sistema informatico” (Cassazione penale, sezione V, sentenza 26 luglio 2019, n. 34141).
In altre parole, la Suprema Corte ha ritenuto che l’uso non autorizzato o per ragioni diverse da quelle per le quali erano state fornite le credenziali d’accesso di un sistema informatico protetto (quale può essere, ad esempio, un profilo facebook o lo stesso codice di sblocco dello smartphone) integri il delitto di “Accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico”.
Infatti, le password possono essere utilizzate solo entro i limiti di quanto indicato dal loro titolare con la conseguenza che, ad esempio, commette questo reato l’uomo che, attraverso l’uso delle credenziali d’accesso a lui note in quanto comunicategli in precedenza dalla ex moglie, accede al profilo Facebook della donna per leggerne le conversazioni riservate (Cassazione, sentenza n. 2905/2019).
Si può concludere, perciò, che leggere di nascosto le conversazioni del nostro partner per ricercare le prove della sua infedeltà non è mai una buona idea.
Un rapporto sentimentale dovrebbe basarsi sulla fiducia reciproca, ma, se questa proprio viene meno, è preferibile astenersi dal compiere le azioni che abbiamo descritto, per evitare di incorrere in conseguenze non di poco conto come un procedimento penale.