Il Trust è un istituto giuridico di derivazione anglosassone. Inizialmente estraneo al nostro ordinamento giuridico, ha trovato accoglimento nel nostro Paese grazie alla legge 364/1989 di ratifica della Convenzione dell’Aja del 1985, relativa al riconoscimento dei trust e alla legge loro applicabile.
Nel suo schema tipico, prevede la presenza necessaria di almeno tre soggetti: il disponente, il Trustee e il terzo beneficiario. Con l’atto costitutivo del trust, il disponente (detto anche settlor) si spoglia della proprietà di tutti o di una parte dei suoi beni, trasferendola ad un altro soggetto, ossia al trustee. Quest’ultimo ha il compito di amministrare e gestire i beni conferiti in trust secondo quanto previsto dal disponente nell’atto istitutivo e nell’esclusivo interesse del soggetto beneficiario oppure ai fini della realizzazione del fine indicato. L’atto costitutivo del trust può, in alcuni casi, prevedere la presenza di un quarto soggetto, il guardiano, con il compito di vigilare sulla correttezza dell’operato del trustee. In altri casi, invece, il trust non prevede la figura del beneficiario in quanto diretto realizzare un interesse voluto dal disponente e indicato nell’atto costitutivo: si parla di charitable trust.
L’effetto principale che il trust produce è quello della cd. “segregazione patrimoniale”: i beni conferiti in esso conferiti, infatti, danno vita ad un patrimonio “autonomo e separato” rispetto a quello dei soggetti coinvolti.
Ne deriva che, in virtù di tale effetto, i beni confluiti nel trust si distinguono non solo dal patrimonio del disponente poiché, avendone trasferito al trustee la proprietà, non ne fanno più parte, ma formano una massa distinta, altresì, dal patrimonio del trustee. Ciò perchè gli stessi non si confondono con beni di quest’ultimo il quale, pur essendone divenuto formalmente il proprietario, è, tuttavia, onerato dal dovere di amministrarli secondo quanto impartito dal disponente nell’atto costitutivo.
La conseguenza che tale segregazione patrimoniale determina è che il trust non potrà essere aggredito né dai creditori personali del disponente né da quelli del trustee o del terzo beneficiario, formando, appunto, un patrimonio a sé stante e potendo questi beni essere utilizzati esclusivamente per l’assolvimento delle obbligazioni assunte ai fini della gestione del trust stesso.
In merito alle modalità di costituzione, il trust può essere costituito sia per atto inter vivos che mortis causa e, quanto ai beni conferibili, non sono previste particolari restrizioni, potendovi essere indifferentemente ricompresi sia beni mobili che immobili, denaro, quote azionarie o societarie e così discorrendo. La forma, pertanto, che l’atto istitutivo andrà a rivestire potrà essere quella della scrittura privata autenticata o dell’atto pubblico, a seconda dei tipi di beni che il disponente intende far confluire nel trust.
Quanto appena detto testimonia la grande versatilità per cui l’istituto in esame si caratterizza, non essendo previsto un unico modello di trust, bensì potendo dare vita a diversi schemi, a seconda della finalità che il disponente intende raggiungere con gli unici limiti della liceità e della meritevolezza della tutela, secondo i principi generali del nostro ordinamento giuridico (art. 1322 c.2 cc).
Proprio per questa sua duttilità, il trust è suscettibile di innumerevoli applicazioni pratiche: a titolo esemplificativo e non esaustivo, spicca, innanzitutto, quella di protezione patrimoniale. L’effetto di segregazione patrimoniale che, come anzidetto, il trust produce, lo rende indifferente alle vicende personali e patrimoniali dei soggetti protagonisti e, perciò, viene sempre di più impiegato per separare e proteggere il patrimonio personale da quello aziendale o per tutelare il patrimonio di quei soggetti che può essere compromesso da attività professionali rischiose.
Ancora, il trust potrebbe essere utilizzato quale strumento successorio, alternativo al testamento, dal momento che consente al disponente di pianificare il passaggio generazionale del compendio ereditario o di evitare che quest’ultimo venga dilapidato da soggetti incapaci di amministrarlo oppure, nel caso di coppie non coniugate, consente di contemperare gli interessi dei vari soggetti, scongiurando eventuali conflitti e permettendo di soddisfare le esigenze di ognuno ( si parla, in questo caso, di trust per tutelare i rapporti interpersonali)
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